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Omelia Celebrazione del 28 febbraio 2021 GIORNATA DELL'OBBEDIENZA

Chiesa di santa Maria Greca - Corato

01/03/2021
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Mons. Leonardo D’Ascenzo

Arcivescovo di Trani- Barletta-Bisceglie

28 febbraio 2021- II Domenica di Quaresima

Chiesa di Santa Maria Greca

“Giornata dell’Obbedienza”

 

Omelia

 

Per ordine del Confessore, incomincio a scrivere ciò che passa tra me e Nostro Signore giorno per giorno. L’anno 1899 Mese di Febbraio, giorno 28. Confesso la verità gran ripugnanza io provo, è tanto lo sforzo che devo farmi per vincermi che solo il Signore può sapere lo strazio dell’anima mia. Ma oh santa obbedienza, che legame potente tu sei. Tu solo potevi vincermi, e superante tutte le mie repugnanze, quasi monti insuperabili, mi leghi alla volontà di Dio e del Confessore.

 

Nel Diario, la prima data che Luisa Piccarreta annota è il 28 febbraio 1899. Questa ricorrenza è celebrata ogni anno come Giornata dell’obbedienza. Luisa comincia a scrivere in obbedienza al suo confessore che, per lei, rappresenta la Chiesa. Vive l’obbedienza anche se le costa fatica, sofferenza e persecuzione. È capace però di andare oltre perché è una donna di fede, si affida al Signore.

Le letture di questa seconda Domenica di Quaresima, appena proclamate, ci consegnano degli spunti di riflessione proprio in questa direzione.

È importante partire da una considerazione: la cima di un monte appare allo sguardo di chi la osserva a distanza come il punto dove il cielo e la terra si toccano, il punto dove Dio incontra l’uomo. Ecco perché, nel linguaggio simbolico della Bibbia, il monte è il luogo della rivelazione di Dio per eccellenza. Salire sul monte, allora, equivale a fare esperienza di Dio. Dio si manifesta e ci fa conoscere di sé ciò che non possiamo immaginare o costruire con il solo sforzo della nostra ragione.

La liturgia della Parola di oggi ci propone due narrazioni ambientate proprio su un monte. Nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, l’autore sacro ci parla di Abramo che, nella fede, accoglie la volontà di Dio anche quando, in un momento oscuro della sua vita, sembra essere contraria alla sua gioia, alla sua speranza. Dio, sembra accanirsi contro di lui, gli chiede di sacrificare Isacco, il suo unico figlio.  Nella scena finale la narrazione attesta che le cose non stanno esattamente così, il sacrificio umano è impedito dall’angelo del Signore. Per Abramo, salire sul monte significa rinunciare alla sicurezza della sua paternità umana per appoggiarsi soltanto sulla parola di Dio e accogliere Isacco come figlio della promessa e non solo come figlio della sua carne. La vera sicurezza è Dio, la sua parola, la sua Divina Volontà. Questo rende Abramo padre di una moltitudine immensa!

Il Vangelo di Marco ci racconta una seconda grande rivelazione, anche qui su un alto monte dove Gesù si trasfigura davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. I tre discepoli fanno l’esperienza di Gesù glorioso, della sua divinità. Pietro, anche se non sa cosa dire, perché è spaventato, prende la parola e chiede di poter fare tre tende, una per Gesù, una per Mosè e una per Elia che appaiono mentre conversano con Gesù. Sembra che Pietro voglia rimanere nella pace della gloria di Dio, godere già di una Pasqua anticipata rifiutando il cammino quaresimale della vita dove si sperimenta anche l’oscurità, la sofferenza e il silenzio di Dio.  

Dalla nube che li copre con la sua ombra, ascoltano la voce di Dio: “questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo”. Ascoltare Gesù, per Pietro, Giacomo e Giovanni e anche per tutti noi, significa scendere dal monte, condividere con lui il nostro cammino e vivere la vita a valle. Mi pare di poter dire che il vivere la divina volontà vada proprio in questa direzione: entrare in una intimità con il Signore Gesù, avvolti dall’ombra della presenza di Dio, lasciare che sia lui ad accompagnarci e vivere con lui la nostra vita in tutti gli aspetti che la caratterizzano. Non si tratta, dunque, di fare la Volontà Divina nel senso di una pura, materiale esecuzione, da servi, ma di vivere in essa, da figli, lasciandoci abbracciare dall’amore di Dio. E allora, nel quotidiano, nelle situazioni che caratterizzano l’esperienza di tutti noi, anche in questo tempo difficile della pandemia e delle tante restrizioni e incertezze, delle povertà vecchie e nuove, delle sofferenze e dei tanti lutti, sentiamoci chiamati a testimoniare il vangelo, la bella notizia, l’amore di Dio e per Dio, l’amore per il prossimo e prendiamoci cura di lui soprattutto se è povero, straniero, fragile o malato.

L’augurio che desidero rivolgere a tutti è di vivere un’amicizia profonda, intima, con il Signore Gesù e, in obbedienza alla Divina Volontà e alla Chiesa, con il desiderio di camminare insieme in comunione, cominciare a scrivere con la testimonianza concreta delle parole e delle opere, ciò che passa tra noi e Nostro Signore giorno per giorno.   

La Redazione
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