Carissimi fratelli e sorelle, Fiat!
Conoscere e conoscersi è l'intrigo nascosto che il Vangelo di Giovanni ci propone attraverso il racconto di questa donna che da samaritana, donna per sei uomini, diventa annunciatrice di novità di vita. Gesù da giudeo, profeta, rabbì, diventa Messia. I discepoli preoccupati per il mangiare, intravedono nel fare la volontà del Padre, una fatica a cui subentrare e i campi che già biondeggiano per la mietitura.
Per noi moderni non è immediata l'immagine interiore dell'acqua viva, il significato dell'acqua dalla roccia (Nm 20,8-11) nel mezzo di un deserto che arde, o una sorgente di acqua dolce sulla riva per navigati costretti a mesi ad accontentarsi di acqua stagnate nei barili.
Gesù ci provoca a farci dono per scoprire in noi stessi una sorgente inesauribile capace di dissetare l'«oltre» - per la vita eterna.
«Oltre» la quotidianità della vita, le nostre bassezze, le relazioni malate, le fatiche, le pesantezze, le visioni ristrette: alzate i vostri occhi è l'invito di Gesù ai discepoli che non riescono a vedere più in là della loro sete e della loro fame.
Lo strabiliante cammino che Gesù offre alla Samaritana, fa intravedere ai discepoli e chiede a tutti noi, un cammino che permette di conoscersi e di conoscere Lui, diventa "in noi" una sorgente incredibile, inaspettata.
Il popolo d'Israele attanagliato dalla sete non riesce a vedere l'acqua nascosta sotto la roccia e che Mosè fa scaturire con un colpo di bastone (Es 17,3-7); i discepoli presi dalle loro ansietà non vedono la prospettiva di una abbondante mietitura.
Il fatto è che cerchiamo altrove ciò che il Signore ha messo dentro di noi. “Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'uomo interiore abita la verità” (S. Agostino). Troppo spesso accumuliamo desideri, preoccupazioni, sofferenze; pensiamo di soffocare i primi aggiungendo altri desideri, altri problemi, altri piaceri; lasciamo che la nostra mente e i nostri cuori siano occupati perennemente da altro, ci ingarbugliamo come i gatti con i gomitoli di lana senza trovarne il bandolo.
Impariamo a conoscere se stessi, sapendo che soltanto in Dio siamo pienamente conosciuti, che in Cristo possiamo raggiungere la pienezza della nostra umanità.
Il 1° gennaio 1900 Gesù dice a Luisa che quanto più l’anima si umilia e conosce se stessa, tanto più si accosta alla verità e, trovandosi nella verità, cerca di spingersi nella via delle virtù, da cui si vede molto lontana. E se vede che si trova nella via delle virtù, scorge subito il molto che le resta da fare, perché le virtù non hanno termine, sono infinite come lo è Dio. Così l’anima, trovandosi nella verità, cerca sempre di perfezionarsi, ma mai giungerà a vedersi perfetta; e questo le serve e farà che l’anima stia continuamente al lavoro, sforzandosi per perfezionarsi maggiormente, senza perdere il tempo in oziosità; e Dio, compiacendosi di questo lavoro, man mano la va ritoccando per dipingere in lei la sua somiglianza.
E l’11 novembre 1900, nel vedere Luisa un po’ affaticata e sofferente per le privazioni di Gesù, lo stesso suo amato Gesù le chiede fortemente di non uscire dal Divin Volere, perché uscendo dal suo Volere viene a perdere la sua conoscenza e, non conoscendo lui, Luisa viene a perdere la conoscenza di se stessa, perché solo così si distingue con chiarezza se c’è oro o fango; e se tutto è tenebre, facilmente si possono scambiare gli oggetti. Ora, luce è il Divin Volere, che dandole la conoscenza di Dio, ai riverberi di questa luce viene a conoscere chi è lei, e vedendo la sua debolezza, il suo puro nulla, si attacca alle sue braccia e unita al suo Volere vive con lui nel Cielo.
Ma se si esce dal Divin Volere, prima, si perderà la vera umiltà, e poi si verrà a vivere sulla terra e si è costretti a sentire il peso terreno, a gemere e a sospirare come tutti gli altri sventurati che vivono fuori della Divina Volontà.