Ritorna ai vangeli

XV Domenica del Tempo Ordinario

05/07/2024
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Carissimi fratelli e sorelle, Fiat!

Il brano del racconto di Marco sintetizza la povertà e la semplicità con la quale bisogna annunciare il Vangelo di Cristo allora come oggi. Non bisogna confidare sui mezzi umani, ma sulla vicinanza e la potenza di Dio. La missione non si fonda nemmeno sull’ampiezza del consenso o sui pronostici dell’accoglienza, ma sull’urgenza del Vangelo. Il vangelo non è una tecnica di trasmissione di pensiero, non una teoria filosofica, ma esperienza di vita fatta con Dio e con Cristo.

Il vero annuncio passa per la testimonianza personale, attraverso l'investimento delle proprie energie umane, culturali e spirituali per proporre agli altri la persona nella quale fermamente crediamo e per la quale rischiamo ogni cosa, quel Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, il Figlio di Dio, Redentore dell'umanità, la Via, la Verità e la Vita con la quale ogni uomo, prima o poi, si dovrà confrontare.

Questo comporta la necessaria pazienza della stabilità. Inoltre, Gesù affida un compito, ma non garantisce il risultato. Non esiste neppure il “soddisfatti o rimborsati”.

L’insegnamento per la comunità cristiana è che l’annuncio del Regno non è affare di preti, frati e suore. La profezia, l'essere portavoce di Cristo nel mondo, spetta e compete ad ognuno di noi. E il modo più fedele e coerente è quello che viene indicato nel Vangelo odierno.

L’annuncio missionario è vocazione essenziale della comunità cristiana, di tutta la comunità cristiana in virtù del battesimo e della cresima che ogni credente ha ricevuto. Ogni cristiano nel battesimo è stato consacrato Re, Sacerdote e Profeta. Nessuno si può sentire escluso o esonerato.

Si tratta di porre Cristo al centro non solo della nostra predicazione, ma della nostra stessa vita, in quanto Egli è la nostra salvezza, quella vera e quella eterna.

La nuova evangelizzazione ha bisogno di operatori del vangelo che non siano solo maestri di fede, ma soprattutto testimoni incrollabili della fede (S. Paolo VI), anche quando c'è un rifiuto pregiudiziale verso Cristo e la Chiesa.

Il 22 agosto 1926 Gesù dice a Luisa che, chi è chiamato come capo di una missione deve abbracciare non solo tutte le membra, ma deve reggerle, dominarle e costituirsi vita di ciascuna di esse, mentre le membra non danno vita al capo né fanno tutto ciò che fa esso, ma ciascuno il suo ufficio. Così chi è chiamato come capo di una missione, abbracciando tutto ciò che si conviene per poter svolgere il compito affidatogli, soffrendo più di tutti e amando tutti, prepara il cibo, la vita, le lezioni, gli uffici, a seconda della capacità di chi vorrà seguire la sua missione. Ciò che è necessario a noi, che dobbiamo formare l’albero con tutta la pienezza dei rami e la molteplicità dei frutti, non sarà necessario a chi deve essere solo ramo o frutto; il suo compito sarà di stare incorporati all’albero, per ricevere gli umori vitali che esso contiene, cioè, farsi dominare dalla Divina Volontà, non dando mai vita al proprio volere in tutte le cose, sia interne che esterne, conoscere la Divina Volontà e riceverla come vita propria, per farle svolgere la sua Vita divina; insomma, farla regnare e dominare da Regina.

Chi deve essere capo conviene che soffra, che lavori e che faccia lui da solo tutto ciò che gli altri faranno tutti insieme. Ciò lo ha fatto Gesù, perché capo della Redenzione: Egli ha fatto tutto e ha sofferto tutto per amore di tutti, per dar loro la vita e mettere tutti in salvo. Come pure la Vergine Immacolata, perché Madre e Regina di tutti, ha sofferto, amato e operato per tutte le creature.

Ecco che significa essere capo. È vero che si soffre molto, si lavora assai, si deve preparare il bene a tutti, ma tutto ciò che si possiede oltrepassa tutto e tutti. C’è tale distanza tra chi è capo di una missione e chi deve essere membro, da potersi paragonare il capo al sole, il membro alla piccola luce. La missione della Divina Volontà è grande, perché non si tratta della sola santità personale, ma si tratta di abbracciare tutto e tutti e preparare il regno della Divina Volontà alle umane generazioni.

don Marco
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