Carissimi fratelli e sorelle, Fiat!
In queste ultime domeniche, la liturgia ci ha mostrato l’immagine carica di tenerezza di Gesù che va incontro alle folle e ai loro bisogni. Nell’odierno racconto evangelico (Gv 6,24-35) la prospettiva cambia: è la folla, sfamata da Gesù, che si mette nuovamente in cerca di Lui, va incontro a Gesù. Ma a Gesù non basta che la gente lo cerchi, vuole che la gente lo conosca; vuole che la ricerca di Lui e l’incontro con Lui vadano oltre la soddisfazione immediata delle necessità materiali. Gesù è venuto a portarci qualcosa di più, ad aprire la nostra esistenza a un orizzonte più ampio rispetto alle preoccupazioni quotidiane del nutrirsi, del vestirsi, della carriera, e così via. Perciò, rivolto alla folla, esclama: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (v. 26). Così stimola la gente a fare un passo avanti, a interrogarsi sul significato del miracolo, e non solo ad approfittarne. Infatti, la moltiplicazione dei pani e dei pesci è segno del grande dono che il Padre ha fatto all’umanità e che è Gesù stesso!
Egli, vero «pane della vita» (v. 35), vuole saziare non soltanto i corpi ma anche le anime, dando il cibo spirituale che può soddisfare la fame profonda. Per questo invita la folla a procurarsi non il cibo che non dura, ma quello che rimane per la vita eterna (cfr v. 27). Si tratta di un cibo che Gesù ci dona ogni giorno: la sua Parola, il suo Corpo, il suo Sangue. La folla ascolta l’invito del Signore, ma non ne comprende il senso – come capita tante volte anche a noi – e gli chiede: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (v. 28). Gli ascoltatori di Gesù pensano che Egli chieda loro l’osservanza dei precetti per ottenere altri miracoli come quello della moltiplicazione dei pani. E’ una tentazione comune, questa, di ridurre la religione solo alla pratica delle leggi, proiettando sul nostro rapporto con Dio l’immagine del rapporto tra i servi e il loro padrone: i servi devono eseguire i compiti che il padrone ha assegnato, per avere la sua benevolenza. Questo lo sappiamo tutti. Perciò la folla vuole sapere da Gesù quali azioni deve fare per accontentare Dio. Ma Gesù dà una risposta inattesa: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (v. 29). Queste parole sono rivolte, oggi, anche a noi: l’opera di Dio non consiste tanto nel “fare” delle cose, ma nel “credere” in Colui che Egli ha mandato. Ciò significa che la fede in Gesù ci permette di compiere le opere di Dio. Se ci lasceremo coinvolgere in questo rapporto d’amore e di fiducia con Gesù, saremo capaci di compiere opere buone che profumano di Vangelo, per il bene e le necessità dei fratelli.
Il Signore ci invita a non dimenticare che, se è necessario preoccuparci per il pane, ancora più importante è coltivare il rapporto con Lui, rafforzare la nostra fede in Lui che è il «pane della vita», venuto per saziare la nostra fame di verità, la nostra fame di giustizia, la nostra fame di amore.
Il 10 maggio 1937 Gesù spiega a Luisa come il Figlio di Dio si è voluto fare cibo alla creatura, per formare le opere più belle a favore di tutte le creature. Ogni verità che Gesù ha manifestato sul “Fiat divino” è una crescita che si fa in Esso, è un boccone di più, che serve per rafforzare, riscaldare e conformare maggiormente l’anima della creatura in Esso, è un sorso di più che si beve dell’immenso mare della Divina Volontà, è una proprietà divina in più che si acquista. Per ogni atto in più che si fa in Essa, Gesù imbandisce davanti a noi una mensa Celeste e se lo si ama ci nutre del suo amore, se passiamo a comprenderlo, ci nutre della sua sapienza. Pertanto Dio diventa il nostro cibo prelibato, in tutto ciò che si fa, ora ci nutre della sua potenza, ora della sua bontà, ora della sua dolcezza, della sua fortezza, luce e misericordia. Quindi la piccolezza umana, col vivere nell’Eterno Volere, assorbe a sorsi a sorsi, a bocconi a bocconi, perché essendo piccola, non le è dato, anche per quanto a creatura è possibile prendere tutto insieme ciò che deve prendere dell’Essere Divino, molto più che questo serve a dilettarsi a vicenda, Dio a dare ed essa a ricevere, Dio a dare del suo ed essa a dare la sua piccolezza, Dio a lavorarla come vuole ed essa che si presta a farsi lavorare; è lo scambio d’ambo le parti, l’affiatarsi a vicenda, il parlarsi, che forma le opere divine più belle nella creatura. Senza far nulla, non si fa nulla. Perciò è necessario operare, parlare, farsi comprendere, lavorare, per fare le belle statue, le ripetitrici della vita divina. Quindi quando Dio trova chi vuole ascoltarlo, darsi a Lui, per ricevere, egli non risparmia nulla, di quello che può e sa fare per la creatura.
Quando la creatura si è alimentata del “Fiat divino”, fino a non conoscere altro cibo ed ha formato la catena dei suoi atti, tutti suggellati dalle caratteristiche delle virtù divine, Dio resta imprigionato nelle sue virtù divine nella creatura ed allora, se ama è Dio che fa sfoggio della potenza del suo amore, della sua bontà, santità, eccetera, negli atti della creatura, sicché è tale la potenza che esce per mezzo di questi atti che Dio fa nella sua creatura, che investe Cielo e terra, aleggia su tutte le anime e, col suo amore potente, le investe, le travolge, la fa dare il bacio del Voler Divino in modo che l’umana famiglia sentirà la sua potenza, il suo amore, che vuol regnare. Molto più che questo diritto lo dà il Dio nascosto, per mezzo di una creatura che appartiene alla razza umana. Sono diritti che non potranno disconoscere, tranne qualche perfido, ma la potenza divina lo saprà atterrare e vincere. Lasciamo Gesù dunque compiere il lavoro della Volontà di Dio in noi, non opponiamoci in nulla e insieme a Gesù saremo contenti di vederla regnare nelle altre creature.
È il frutto più bello del nostro vivere pienamente l’incontro con Gesù nell’Eucaristia!